Ci viene spesso detto che l’Europa e il parlamento Europeo - in contrasto con il crescente euroscetticismo - avvantaggia noi cittadini dell’Unione su diversi livelli:
- a livello sociale, garantendo diritti fondamentali
- a livello economico e commerciale, favorendo gli scambi tra i paesi comunitari
- etc.
In linea di massima possiamo dire che le cose stiano così, ma se andiamo un po’ a fondo alla questione ci accorgiamo che - soprattuto in questo periodo, in cui la crisi economica si è protratta a lungo - la “direzione” europea sembra aver preso una piega non molto chiara.
Innanzitutto, per avere almeno un’infarinatura di come funzioni l’Europa, dobbiamo sapere che gli organi fondamentali che la compongono sono:
- la Commissione Europea, che è l’unico organo ad avere iniziativa legislativa (ovvero può proporre una legge).
- il Parlamento europeo, che può discutere e votare le leggi proposte dalla Commissione.
La Commissione è a sua volta composta da:
- un Presidente - attualmente Jean-Claude Juncker.
- 7 Vice-Presidenti, di cui uno è il Primo Vice-Presidente (attualmente Frans Timmermans), il quale ha diritto di veto su tutti gli altri sei.
- 20 membri del Consiglio.
In base ai poteri conferiti a Presidente e Primo Vice-Presidente, si intuisce che praticamente tutto il potere decisivo e di iniziativa legislativa è in mano a questi due uomini, che essendo un lussemburghese (Juncker) e un olandese (Timmersman) non arrivano insieme a rappresentare neanche il 3% della popolazione europea.
È risaputo che sia l’Olanda, ma soprattuto il Lussemburgo, siano paesi devoti alla finanza e alle multinazionali, che in questi paesi hanno le loro sedi fiscali.
Inoltre, sono di questi giorni le notizie relative allo scandalo LuxLeaks, secondo il quale proprio Juncker, in qualità di Primo Ministro del Lussemburgo avrebbe favorito durante tale carica istituzionale l’elusione fiscale di banche e multinazionali (in cambio di cosa? viene spontaneo chiedersi).
Forse adesso è un po’ più chiaro del perché si “vociferi” che l’Europa sia in mano alla finanza e agli speculatori.
In questo momento di particolare debolezza dell’Europa, c’è ovviamente anche chi ne approfitta. Pur di uscire dalla crisi e trovare nuove forme di rilancio dell’economia (o forse dovremmo dire “nuove forme di speculazione”), chi ci rappresenta in Europa - soprattuto le alte sfere sopra citate - sono disposte a cedere e svendere qualsiasi cosa. Un po’ come la povera massaia, che strozzata dalla crisi, si vede costretta a vendere i propri ori e gioielli.
Ma c’è una bella differenza: i gioielli sono della massaia, ma ciò che Juncker svende non è roba sua. Sono i nostri diritti.
Ed ecco allora che, fiutando l’affare come un pescecane fiuta il sangue a distanza, gli Stati Uniti tornano all’attacco con un trattato che da molti anni stanno cercando di rifilarci: il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership).
Che cos’è questo trattato? Traducendo alla lettera, si dovrebbe trattare di un partenariato per il libero scambio di beni e servizi tra Europa e Stati Uniti, ma la risposta non è così facile, per il semplice fatto che i contenuti di questo trattato sono completamente secretati, e quel poco che si sa sono notizie trapelate nei corridoi di Strasburgo e Bruxelles.
Una cosa sembra però abbastanza certa: tra gli obbiettivi del trattato i cittadini passano in secondo piano. Per non dire che sono praticamente calpestati.
I temi che tale trattato va a toccare sono innumerevoli: regolamentazioni alimentari, regolamentazioni sulla sicurezza, banche, assicurazioni, sanità, telecomunicazioni, etc.
Ma cosa si va a toccare su questi punti? Non tanto le barriere tariffarie e doganali, che di per sé sono già basse tra Europa e Stati Uniti, ma piuttosto le barriere cosiddette “non-tariffarie”.
Si vuole cioè cercare di abbassare tutti quei vincoli a tutela dei cittadini che finora hanno fatto in modo che - per esempio - non si potessero usare determinati pesticidi nelle colture o ormoni negli allevamenti.
Per rimanere nel campo dell’alimentazione, sappiamo che negli USA è permesso l’utilizzo di determinati additivi chimici nell’industria alimentare, che in Europa invece non sono ammessi. Fortunatamente in Europa vige il principio di cautela: “Se non riesco a dimostrare che una sostanza è dannosa o che può avere effetti collaterali, per sicurezza non ne permetto l’uso”.
Negli Stati Uniti avviene invece il contrario: “Se non riesco a dimostrare che una sostanza è dannosa, allora la posso utilizzare”, col risultato di accorgersi di danni a lungo termine dopo decenni in cui si è permesso l’utilizzo di tale sostanza, in base a questo sciocco principio.
Il principio di cautela Europeo, che finora ci ha tutelato, dà fastidio agli Stati Uniti, che non possono commerciare da noi le loro merci “non conformi” agli standard europei.
Quindi cosa succederebbe se il TTIP venisse approvato?
Via libera a OGM, carni derivate da allevamenti di animali trattati con antibiotici e ormoni che da noi sono vietati, abbassamento delle soglie di pericolosità di molte sostanze nocive (pesticidi, fitofarmaci, etc.)
Oltre a questo, verrebbero modificate tutta una serie di regolamentazioni e standard ambientali, standard sul lavoro, sulla produzione di medicinali, sulla regolamentazione della fruizione e della libertà di Internet, e così via.
In ultima, ma non meno importante, sarebbe introdotta per le grandi multinazionali la possibilità di fare causa ai governi nazionali, qualora queste vedessero lesi i loro profitti, in base a degli accordi chiamati ISDS (Investor-State Dispute Settlement). Le cause aperte secondo questi accordi verrebbero giudicate da un tribunale privato.
Ecco come sono stati applicati alcuni ISDS in altre parti del mondo:
- Il Governo Australiano fa campagna anti-fumo? La Philip Morris chiede i danni al governo australiano.
- Il Governo Argentino congela il costo delle bollette perché i cittadini sono alla fame? Le utility delle utenze fanno causa al governo argentino per i mancati guadagni.
- L’Egitto promuove una legge per aumentare lo stipendio minimo? Un’azienda francese che ha in appalto la gestione dei rifiuti fa causa al governo perché è costretta a pagare di più i dipendenti, e di conseguenza perde profitti.
In sostanza: se uno stato si permette di tutelare i suoi cittadini, le multinazionali lo bacchettano.
Dove mai può andare a finire una società che per il mero profitto di pochi svende i diritti di tutti?
Come gruppo di Rosà abbiamo presentato una mozione per sensibilizzare l’amministrazione e la cittadinanza su questi temi, e fare in modo che il Comune di Rosà riporti la sua posizione ad altri organi come il Consiglio Regionale, il Consiglio dei Ministri, e così via.
La mozione in formato PDF è scaricabile a questo link.
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